mercoledì 27 ottobre 2010

Liberi TUTTI! Liberi SUBITO!


Pubblico, senza commento alcuno, e molto volentieri una lettera mandata oggi ai media riminesi dagli amici dei 7 CITTADINI Riminesi che da agosto ancora sono in galera in attesa di processo.
RIMINI | 27 ottobre 2010


"Da oltre due mesi, ormai, sette ragazzi di Rimini sono in carcere dopo i fatti susseguenti a una rissa con alcuni ragazzi di Riccione, nell’ambito di una partita tra le due squadre. Una rissa che, come tutti ormai sanno, vide un ragazzo riccionese purtroppo ferito in maniera grave a un occhio. Un evento grave, che non doveva accadere.
Tuttavia, invitiamo a riflettere dopo le purtroppo inevitabili messe in scena giornalistiche, dopo gli arresti spettacolarizzati, e l’invito vi giunge dagli amici di quei ragazzi, chiedendovi di mettersi nei nostri e soprattutto nei loro panni.
Ammesso e non concesso che una delle sette persone da mesi ancora in carcere sia il reale colpevole del colpo che ha ferito il ragazzo di Riccione, cosa peraltro tutta da dimostrare, non pare spropositato per gli altri il perdurare della detenzione? Perché nessuno ha sollevato mai questo dubbio? Basta un filmato che dimostra che forse si è partecipato a una rissa per andare in carcere per mesi?
Ribaltando il discorso, non si può dire che ci sono almeno sei persone, se non tutte, dato che non è individuato l’autore materiale del gesto -quello per cui tutt’al più sarebbe giustificata la detenzione - che vengono trattenute ingiustamente in carcere? Non scandalizza nessuno questa cosa?
E perché poi restano dietro le sbarre e non gli vengono concessi nemmeno gli arresti domiciliari? Si dice perché potrebbero inquinare prove... Ma a mesi di distanza dai fatti, dopo tante indagini, addirittura dei RIS, cosa si può ancora inquinare?

Quando verifichiamo che anche negli attuali episodi di cronaca, come quello riguardante l’infermiera rumena uccisa con un pugno, l’aggressore certo è finito in carcere solo dopo la morte dell’aggredita, non possiamo fare a meno di notare la sproporzione, considerando che i nostri amici sono in carcere in base ad accuse finora generiche, senza prove certe di colpevolezza personale e senza che si sappia indicare un responsabile, scalando quindi le responsabilità di tutti.
La giustizia, ma anche il Comune di Rimini, così come i giornalisti dei media locali, perché non approfondiscono questo fatto? Perché ci si dimentica di questi ragazzi, incensurati, che studiano e lavorano, le cui vite e i cui rapporti famigliari e lavorativi vengono rovinati, segnati per sempre, al pari della vittima riccionese, senza che si possano affibbiare precise responsabilità del ferimento a nessuno di loro?
E perché nessuno ha mai dubitato - ci sia lecito dirlo dopo che queste persone da aggressori sono diventati coloro che hanno puntato il dito - del perché la controparte della rissa, ovvero i ragazzi di Riccione, si siano presentati fuori dallo stadio, a partita abbondantemente iniziata, in un settore chiuso, senza il ben che minimo intento di entrare, con caschi e bombe carta, torce e armi, provocando e iniziando uno scontro?
Troppo facile (e lontano dalla realtà) definire i fatti, solo guardando chi ha riportato le lesioni più gravi. Così si rischia di scambiare aggrediti per aggressori come infatti è successo. Per dare in pasto all’opinione pubblica colpevoli di comodo.
Perché nessuno ha mai dubitato che al posto dello sfortunato ragazzo di Riccione, in un contesto del genere, ci sarebbe potuto essere un ragazzo di Rimini, se solo lo stesso colpo fortuito l’avesse centrato?

Noi non dimentichiamo i nostri amici detenuti e siamo indignati per il perdurare di questa assurda e illegale custodia cautelare. Non è possibile che in uno stato di diritto si finisca in galera sulla base di un teorema accusatorio che fa acqua da tutte le parti (come dimostrato dal video della caserma pubblicato on line da romagnanoi.it, dove si vede il gruppo di riccionesi andare verso lo stadio con caschi in testa, oggetti contundenti alla mano e felpe con cappuccio il 13 di agosto!), portando avanti una versione dei fatti che tutta Rimini ormai sa essere ben diversa.
Desideriamo, come dovrebbe essere in una società che si dice civile, che tornino a casa, e che venga affrontato il processo - ove necessario - con le garanzie del caso, senza giudizi sommari.
Perché è evidente che ci si sta accanendo e si stanno lasciando dei ventenni a marcire in carcere senza alcuna equità, solo far scontare in maniera preventiva delle pene che in sede di giudizio non potranno essere prese in considerazione data la mancanza di prove.
Infatti questa barbarie che trasforma la presunzione di innocenza in presunzione di colpevolezza, altro non è che la conseguenza del clamore mediatico della vicenda, di fantasiose e mai approfondite ricostruzioni giornalistiche, del solito generico atteggiamento repressivo che criminalizza e spersonalizza dimenticando in maniera disinvolta che dietro quei volti ci sono delle vite di giovani ragazzi che vengono logorate in toto per la ricerca di un eventuale colpevole.
Questo è grave in un paese civile, ed è indegno in uno stato di diritto.

Riprendiamo il comunicato dell’ordine dei penalisti di Roma in merito a un recente fatto di cronaca, che spiega meglio di tante parole come il diritto venga inficiato e negato da “suggestioni mediatiche” forcaiole:
“La Camera Penale di Roma da tempo denuncia, già in relazione ad altre vicende giudiziarie di analogo rilievo pubblico, come l'istituto della custodia cautelare si sia ormai trasfigurato in uno strumento di anticipata irrogazione della pena, sotto la pressione di rozze campagne mediatiche e di ciniche e irresponsabili iniziative politiche che strizzano l'occhio al giustizialismo di una diffusa parte della pubblica opinione".


Gli amici dei ragazzi ingiustamente detenuti"

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